articoli e traduzioni di apicoltura
La colonia come superorganismo
di Susan Cobey
(Traduzione di Gabriele Milli, dall’American Bee Journal, febbraio 2003)
Uscito in Apitalia.
La colonia dell’ape da miele, alla quale spesso ci si riferisce come ad un superorganismo, è una società densamente popolata, con varietà genetiche e altamente cooperativa. Ciascuna ape singola è dipendente dalla colonia per la sua sopravvivenza. L’accoppiamento multiplo della regina crea una complicata struttura sociale di relazioni dentro la colonia. I complessi modelli comportamentali sono straordinariamente flessibili in reazione ai bisogni mutevoli e alle influenze ambientali. La serie dinamica di compiti assolti arreca vantaggio alla produttività e alla sopravvivenza in un imponente gamma di habitats.
Stoccaggio ed uso dello sperma
Il sistema dell’accoppiamento, dello stoccaggio e dell’uso dello sperma fornisce i mezzi per mantenere la colonia come superorganismo. La regina e lo sperma che lei immagazzina, determina le caratteristiche ereditate della colonia, e fondamentalmente, il suo valore economico.
La regina normalmente immagazzina da 5 a 6 milioni di spermatozoi nella sua spermateca, l’organo di stoccaggio dello sperma. Accoppiandosi con un numero di maschi che può variare dai 10 ai 20, lei può raccogliere 200 milioni di spermatozoi nei suoi ovidotti. La maggior parte dello sperma, circa il 90 %, è scartato ed espulso come uno scarico secco. Comunque ciascun maschio produce circa 10 milioni di spermatozoi, più di quello che una singola regina può immagazzinare (Koeniger e Ruttner, 1989).
Questa strategia di accoppiamento può inizialmente sembrare dispendiosa, sebbene sia in realtà altamente efficiente dal punto di vista dell’ottenere sperma da molti maschi differenti. Lo sperma di ciascun maschio contribuisce alla frazione di sperma che migra alla spermateca. Considerando che tutto lo sperma prodotto da un singolo maschio è identico, questo processo assicura un’alta variabilità genetica fra la progenie delle operaie in una colonia.
Le colonie condotte da una regina ben accoppiata sono generalmente più coronate da successo. In una rassegna di studi sull’accoppiamento, Tarpy e Neilson (2002) riferiscono di regine accoppiate con più di 5 maschi per l’80% e per il 54 % con più di 10 maschi. La densità di popolazione e la stagione dell’anno influenza il numero di volte che una regina si accoppia. Un incremento nel numero dei maschi disponibili aumenta la frequenza degli accoppiamenti.
Una questione sulla quale ci si interroga frequentemente è come lo sperma sia usato e distribuito nella spermateca. E’ stratificato o mischiato? I genotipi delle operaie che rappresentano i diversi maschi sono prodotti in gruppo o uniformemente mischiati? Le prime ricerche suggerivano che lo sperma fosse ammucchiato o stratificato (Taber, 1955). Ulteriori ricerche mostrano che è in realtà mischiato, con alcune fluttazioni nell’uso dello sperma (Page and Metcalf 1982, Laidlaw & Page 1984).
Più recentemente, Haberl & Tautz (1998) hanno confermato che lo sperma nella spermateca è mischiato e usato alla rinfusa, e che il tasso di ammucchiamento è meno del 6%. Comunque essi riferiscono che il trasferimento e lo stoccaggio dello sperma proveniente da maschi differenti non è uguale. La proporzione di sottofamilie in una colonia varia dal 4 al 27% con solo moderati cambiamenti nel tempo. La conclusione è che una regina usa a casaccio lo sperma di tutti i suoi accoppiamenti, per tutto il tempo, sebbene alcune sottofamiglie siano più numerose di altre.
Il superorganismo
La variabilità genetica dentro un alveare, il risultato di un accoppiamento multiplo, arreca beneficio alla salute della colonia. I modelli complessi e dinamici del comportamento sono formati dalla interazione di alcune componenti. Il carattere genetico determina il potenziale ereditato e l’espressione delle influenze ambientali. Ciascuna interazione sociale ed esperienza fatta per vivere dall’ape singola influisce anche sul comportamento.
Compiti specifici sono spesso realizzati da gruppi di api, ciascuna ape singola esegue un passo in una serie di comportamenti. Considerando questo e la diversità dei compiti, la decisione di quando e quale comportamento un individuo esegue è organizzata in maniera stupefacente e priva di conflitto.
L’età è un fattore nel determinare la divisione del lavoro. Gruppi di operaie hanno la tendenza ad eseguire attività basate sulla loro età. Ciò riguarda una diversità temporale di compiti temporale. Durante le prime due settimane di vita le api generalmente si prendono cura delle attività che riguardano l’andamento della casa all’interno, l’allevamento della covata e la cura della regina. Dalla terza alla quarta settimana le attività delle lavoratrici si trasformano in compiti esterni, come la ricerca del cibo e la guardia dell’alveare.
La abilità ad eseguire alcuni compiti è dipendente inoltre dalle condizioni fisiologiche. Le api nutrici hanno ben sviluppate le ghiandole ipofaringee e mandibolari necessarie per nutrire le larve, e le costruttrici di favi hanno ben sviluppate le ghiandole per la costruzione di cera. Lo sviluppo di queste ghiandole raggiunge il punto massimo dal 5° al 15° giorno di età, sebbene possa spaziare ampiamente (Winston, 1987). Oltre che dipendente dall’età, lo sviluppo delle ghiandole è anche condizionato dalle influenze ambientali come nutrizione, disponibilità di risorse e cambiamenti stagionali.
La gradazione nel compiere alcuni compiti riferita all’età delle api è dinamica, flessibile e parzialmente sovrapposta. Questo permette alla colonia di essere altamente adattabile in risposta ai bisogni della colonia e alle fluttuazioni ambientali. Per esempio, in condizioni estreme le ghiandole per nutrire la covata o per produrre cera possono essere riassorbite o rigenerate. Una perdita di bottinatrici, a causa di sacchegio o spostamento di colonie nel mezzogiorno, avrà come risultato il trasferirsi delle giovani api di casa in bottinatrici. C’è una grande interazione e plasticità della moltitudine dei compiti manifestata, cosa che crea una popolazione della colonia altamente flessibile.
La divisione del lavoro è determinata anche dalla genetica. Varie subfamiglie, chiamate anche genotipi o patrilinee, hanno una preferenza basata geneticamente per alcuni compiti. Ciò si riferisce a un qualcosa come polimorfismo di compiti, ed è stato mostrato per molte attività comprese la pulizia, l’esplorazione, il bottinare, la difesa, il combattimento, la comunicazione attraverso la danza e la resistenza a malattie e pestilenze (Calderone & Page 1988, Frummhoff & Baker 1988, Robinson e Page 1989). Accade anche variabilità genetica fra membri della stessa sottofamiglia, come è stato osservato nella cura delle larve reali (Page e altri, 1989). Specialisti genetici accrescono l’efficienza di caratteristiche particolari.
Studi del comportamento nel bottinare dimostrano come molti fattori interagiscono collettivamente per organizzare la divisione del lavoro. Il genotipo può influenzare lo sviluppo. In colonie scelte per la raccolta del polline, Pankiw & Page hanno trovato che raccoglitrici altamente propense verso il polline incominciano a raccogliere in età più giovane. Inoltre è stato riferito che le bottinatrici altamente disposte verso il polline raccolgono una bassa quantità di nettare, mentre le bottinatrici poco disposte verso il polline preferiscono concentrazioni di saccarosio più alte e sono raccoglitrici di nettare più efficienti.
L’ambiente fisico esterno e le condizioni interne della colonia condizionano il comportamento. La raccolta di polline è stimolata dai feromoni della covata delle larve in aviluppo e dalla scarsità di adeguate scorte di polline. La raccolta di nettare è stimolata da alte concentrazioni di zucchero. Questo da inizio ad una catena di attività per incrementare l’efficienza del raccolto. Il risultato è un incremento nel numero di uscite per la bottinatura, la raccolta di carichi di nettare più grandi e un tasso più alto di reclutamento per questa attività e una durata più lunga delle danze della comunicazione (Seeley, 1995).
Fra le bottinatrici è stata dimostrata una base genetica nel preferire differenti distanze di raccolto e nei dialetti della danza del linguaggio. Karl Von Frish (1967) ha osservato questo nella progenie di una regina accoppiata con un misto razziale di maschi. Le bottinatrici carniche usano una danza circolare e le italiane usano una danza a falcetto per indicare una risorsa di cibo a 10 metri dall’alveare. Le bottinatrici carniche tendono a volare ad una distanza maggiore delle bottinatrici italiane. Ulteriori studi di Oldroyd e altri lo cofermano e suggeriscono che le variazioni della danza del linguaggio, eseguite da genotipi differenti dentro una colonia, possono incrementare l’efficienza del bottinare.
Mentre alcune api sono specialiste genetiche, altre sono generiche, e ciascuna risponde ai vari e differenti livelli di stimolo in modo differente. Semplici segnali individuati da complessi schemi comportamentali possono rapidamente cambiare il comportamento della colonia. La diversità e la flessibilità delle attività eseguite rende capaci le api di essere altamente adattabili in risposta alle condizioni che cambiano. Genetica ed ambiente interagiscono a formare comportamento e sviluppo.
Ad un livello più di base, l’interazione dei geni condiziona il comportamento. La maggior parte dei tratti sono quantitativi, controllati da molti geni, ciascuno dei quali ha un effetto. Gruppi di geni possono interessare un singolo tratto con gradi differenti di dominanza. Comportamenti specifici possono essere dominati, mascherati o modificati. Questo può dare come risultato livelli più bassi o più alti di espressione, o un tratto può essere espresso differentemente o non può essere espresso affatto. Il comportamento espresso può essere differente dalla tendenza geneticamente determinata di un individuo.
Un genotipo può dominare un altro mascherando la vera composizione genetica di una colonia. Per esempio una particolare subfamiglia che mostra un comportamento altamente difensivo quando disturbata, può mascherare il temperamento docile della maggioranza delle api in una colonia. Questo è stato osservato quando una regina europea si accoppia con alcuni maschi africani fra la maggioranza di maschi europei. Il genotipo africano tende a rispondere più in fretta e ad emettere più feromoni di allarme, stimolando le altre compagne di nido a rispondere.
Succedono altri estremi. Tratti comuni che sono recessivi o esistono in bassa frequenza spesso non sono espressi da una colonia, come il comportamento igienico o il SMR (soppressione della riproduzione dell’acaro). Comunque la presenza di geni rari è cruciale per tenere lontani pericoli come malattie, parassiti e situazioni di stress. La pressione selettiva migliora la frequenza e l’espressione di geni particolari quando questi sono essenziali alla sopravvivenza.
Può essere uno svantaggio la presenza di troppi genotipi specialisti come la mancanza di uno in particolare (Motitz e Fuchs, 1998). La selezione estrema per un tratto specifico minimizza la diversità dei comportamenti responsabili della produttività e della sopravvivenza. Inoltre spesso ed in maniera imprevista sono influenzati altri tratti. Per esempio la linea originaria Brown selezionata per il comportamento igienico a metà degli anni 60 da Walter Rothenbuhler è noto che era difensiva.
L’impressionante schieramento di caratteristiche e flessibilità nel comportamento, alle quali si modellano le api da miele, è dovuto alla loro variabilità genetica. Questo rende le colonie capaci si sfruttare e sopravvivere in un’ampia gamma di condizioni ecologiche, sopportare condizioni climatiche estreme e resistere a pestilenze e malattie. La loro adattabilità, produttività e capacità di sopravvivenza tende ad essere più grande in partite ibride (Cornuet 1986, Sherman e al. 1988, Fuchs & Schade 1994, Palmer & Oldroyd 2000, Tarpy & Page 2002).
Accoppiamento multiplo, un meccanismo per evitare l’imparentamento
L’accoppiamento multiplo delle regine, chiamato anche poliandria, serve un’altra funzione essenziale. E’ un meccanismo per evitare l’imparentamento. Questo è critico, perché le api sono autoincompatibili. L’accoppiamento di individui fortemente imparentati ha come risultato depressione da imparentamento. Questo è caratterizzato da covata irregolare, vigore ridotto, crescita lenta, capacità di sopravvivere ridotta ed un incremento della predisposizione a malattie e pestilenze.
La sensibilità all’imparentamento è una funzione del processo di determinazione sessuale. Le api da miele hanno un sistema riproduttivo aplo-diploide. I maschi si sviluppano da uova non fertilizzate ed hanno una serie di cromosomi, definita come aploide. Le femmine, regine e operaie, si sviluppano da uova fertilizzate ed hanno due set di cromosomi, definiti come diploidi. Il problema nasce quando due alleli sessuali identici si allineano, situazione definita come omozigosi. Questa è una condizione letale che ha come risultato un maschio diploide. Le lavoratrici riconoscono e rimuovono le larve omozigote subito dopo il dischiudersi dell’uovo. Le celle vuote creano una covata irregolare.
Nella popolazione di api da miele si valuta che ci siano da 6 a 19 alleli (Adams e altri, 1977). L’accoppiamento multiplo e il numero e la frequenza di allei sessuali nel gene aumenta la probabilità di ibridismo. Questo assicura un alto tasso di covata vitale.
L’accoppiamento multiplo e il sistema riproduttivo aplo-diploide ha inoltre conseguenze sul grado di parentela fra gruppi di sorelle in una colonia. Mezze sorelle, operaie generate da maschi differenti, hanno solo il 25% dei loro geni in comune. Super sorelle, operaie con lo spesso padre, hanno il 75% dei loro geni in comune. Sorelle piene, operaie generate da maschi fratelli, cosa rara, hanno il 50% dei loro geni in comune.
C’è un riconoscimento di parentela fra queste differenti subfamiglie, che influenza anche le interelazioni e il comportamento. Per esempio succedono favoritismi riproduttivi fra le subfamiglie. Le operaie più strettamente imparentate con la regina tendono a sciamare con lei, e le operaie che allevano una regina sceglieranno una larva che è più imparentata con loro (Breed, 1985).
L’abitudine dell’ape da miele all’accoppiamento incrociato serve una strategia deliberata. E’ la diversità genetica e la complessità sociale che rende le colonie capaci di mettere in campo un impressionante gamma di comportamenti e adattarsi e prosperare in molti ambienti differenti. Comunque, per l’apicoltore, questo può complicare il processo di allevamento selettivo, se non è tenuto in adeguata considerazione. Il prossimo mese daremo un’occhiata al ruolo della spermateca e ad una semplice tecnica sul campo per determinare lo stato riproduttivo della regina.