articoli e traduzioni di apicoltura
L’America, le api regine e il coumaphos.
(Perché è indispensabile produrre anche regine biologiche.)
di Gabriele Milli
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Nel numero di dicembre 2001 l’American Bee Journal (ABJ) ha pubblicato gli abstract degli interventi ai “convegni di ricerca” che The American Association of Professional Apiculturists (AAPA) ha sponsorizzato nel 2001, e fra questi due hanno sicuramente un’importanza operativa ed immediata tale per cui è utile portarli a conoscenza il prima possibile di tutti gli apicoltori. L’argomento è l’effetto degli acaricidi sui fuchi e le regine.
La prima ricerca, di R.D. Fell e K. Tignor, ha per oggetto l’effetto dell’acido formico, del (*) fluvalinate (Apistan) e del (*) coumaphos (Checkmite) “sulla produzione e la vitalità dello sperma nei fuchi, e sulla quantità e la vitalità dello sperma nella spermateca delle regine”; e “I risultati indicano che gli acaricidi non hanno un effetto significativo sulle regine riguardo al numero degli spermatozoi nella spermateca o sulla vitalità dello sperma immagazzinato.
Nessuna differenza significativa è stata trovata nella vitalità dello sperma fra maschi allevati in acido formico, Apistan o colonie di controllo. Comunque una significativa riduzione di sperma é stata trovata nella vescicola seminale di maschi allevati in colonie trattate con Apistan.
Gli altri effetti considerevoli dei trattamenti acaricidi si sono manifestati con l’uso di coumaphos. L’accettazione delle celle innestate è stata meno del 5% contro il 95% nelle colonie di controllo. Il coumaphos inoltre riduce il successo dell’accoppiamento e la produzione di maschi nelle colonie trattate. La ricerca suggerisce che il coumaphos non dovrebbe essere usato in colonie coinvolte nell’allevamento delle regine.”
La seconda ricerca riguarda gli effetti del fluvalinate e del coumaphos sulle regine, e i risultati sono talmente importanti e l’esposizione così chiara che è utile tradurla quasi per intero. Gli autori sono T.K. Harmann e M. Spivak. La Spivak in particolare è conosciuta ed apprezzata per le ricerche sul comportamento igienico delle api; e in Italia abbiamo avuto l’occasione di verificare la sua serietà scientifica lo scorso autunno a Lazise. Sarebbe estremamente utile fare seriamente il punto anche su questo problema; ma per rimanere agli effetti degli acaricidi sulle regine, i nostri autori scrivono:
“L’industria apistica è entrata in una nuova era con il recente assai diffuso uso di acaricidi per il trattamento dell’acaro parassita Varroa Jacobson. Negli ultimi 10 anni il piretoide sintetico fluvalinate (Apistan) è stato usato con molto successo per trattare l’acaro; ma negli ultimi due anni l’acaro ha sviluppato resistenza a questo acaricida. Per alleggerire la crisi conseguente alla resistenza dell’acaro, molti Stati hanno ottenuto l’approvazione dell’uso del fosforganico coumaphos. Il coumaphos e il fluvalinate contenuto nelle strisce impregnate usate negli U.S., è facilmente assorbito e si accumula nella cera; e c’è preoccupazione sul possibile effetto dannoso degli acaricidi sulle api. Negli ultimi anni alcuni apicoltori hanno avuto problemi con perdite e sostituzioni di regine.
Noi abbiamo condotto una ricerca sugli effetti del fluvalinate e del coumaphos sulla vitalità e la salute delle regine per determinare se gli acaricidi hanno un impatto negativo su di esse. Esperimenti di campo sono stati condotti su operazioni di allevamento commerciale di regine sia in Texas che in California. Le regine sono state allevate in colonie che sono state trattate con differenti quantità sia di fluvalinate che di coumaphos. Lo scopo era esplorare la quantità dell’accumulazione degli acaricidi nella cera, sul tessuto delle api e delle celle reali; e investigare la possibile correlazione fra le concentrazioni di fluvalinate e coumaphos e lo sviluppo e il comportamento delle regine. (…)
Le regine trattate con alte dosi di fluvalinate (8 strisce di Apistan) hanno pesato significativamente meno di quelle trattate con basse dosi (2 strisce) o delle regine di controllo, ma per il resto sembrano essersi sviluppate normalmente. (…)
Lo sviluppo delle regine trattate con differenti livelli di coumaphos ha subito un alto tasso di mortalità. In generale l’accettazione delle celle reali esposte al coumaphos è stata molto bassa. E’ stato difficile produrre con successo regine quando il coumaphos era stato presente nelle colonie starter per un certo periodo di tempo. Molti tentativi sono stati fatti di allevare regine usando varie quantità di coumaphos per differenti periodi di tempo, prima che le regine potessero essere prodotte con successo. Un’alta mortalità di larve è stata notata in colonie che avevano contenuto solo una striscia di coumaphos (CheckMite) per più di 24 ore. Parecchie regine mostravano effetti subletali da coumaphos, comprese anormalità fisiche e comportamenti atipici. Le regine esposte al coumaphos pesavano significativamente meno ed avevano ovaie di peso minore di quelle del gruppo di controllo.(…)
E’ degno di nota che regine più piccole con le ovaie ridotte si sono manifestate alla concentrazione del livello di tolleranza EPA di cento parti per milione di cera.”
Ci scusiamo se non abbiamo italianizzato la traduzione, ma avrebbe perso quella incisività ed efficacia che è propria dell’americano quando ha le idee chiare: poco barocco, e ogni passaggio a fuoco sull’obiettivo. E non è necessario aggiungere nessun commento, tale è la chiarezza dei risultati e dell’esposizione; così come di conseguenza non è necessario spiegare perché è indispensabile produrre anche regine certificate con il metodo biologico. Che ci siano ancora molte cose da mettere a punto sul “biologico” affinché la normativa preveda la possibilità di fare anche un’apicoltura moderna, cioè tecnologicamente avanzata e competitiva sul mercato internazionale, non ci sono dubbi; ma allo stesso modo non ci sono dubbi che la strada può essere solo quella; ed anche nell’allevamento delle regine non ci sono alternative credibili alla certificazione biologica.
Sarebbe forse anche ora di trovare un’altra parola, perché “biologico” significa solo “attinente alla biologia”; e tutto quello che succede, compreso l’uso del coumaphos, è attinente alla biologia. Ma se la parola giusta non si trova, vuol dire che il problema non ha ancora trovato la sua formulazione corretta. Si sta cercando; e quando si cerca, qualcuno trova. Però quando segnali simili arrivano dall’America, vuol dire che grosse fette di industria apistica si stanno muovendo in questa direzione. E da bravi americani, in primo luogo orientano la ricerca scientifica e poi i canali di comunicazione: indirizzano le condizioni della produzione in funzione degli interessi cambiati; non a caso l’ABJ ultimamente usa tutto il suo prestigio per spingere più forte che può verso una forte riduzione se non l’abbandono del chimico.
Naturalmente queste ultime sono opinioni e impressioni personali, riflessioni ad alta voce, e non vogliono avere altro valore; ma viene naturale farle, di fronte alla gravità dei risultati delle ricerche sopra riportate.