la poesia

Parte quinta – Contrasto fra il fiorentino e il contadino

Raccolte dall’informatrice Giovannina Giovannini

Contrasto fra il contadino e il fiorentino

Ero a Firenze per combinazione
in una trattoria a desinare
vi era in essa lì molte persone
che un poco stretti ci connvenne stare.
Nacque tra due di questi una questione
che più di un’ora la facean durare
erano due che sedean vicino
un di Firenze e un del Casentino.

Disse: “come tu puzzi” il fiorentino
al campagnolo poi la testa inchina
mi fai risortir fuori il pane e il vino
il pollo la bistecca e la tacchina.
O porco sudicion d’un contadino
tu sei più lercio te d’una latrina
e pure l’acqua a casa ce l’avrai
villan fottuto non ti lavi mai.

E te con tutto il tuo lavar che fai
con quell’acqua di crusca e saponette
con tutti quegl’odori che ti dai
dai fondamenti per fino alla vetta
certo la vita tua terminerai
non sei capace a regger la giannetta
ti resta solo il fiato per parlare
dimmi a cosa conta il tuo lavare.

S’io fossi la giustizia vorrei fare
di questi contadini una brancata
e da Livorno li vorrei portare
al porto dove giunge ogni fregata
e tutti in mare li vorrei gettare
per levarla ‘sta setta tribolata
buttar giù finché il mare non è pieno
senza rimorso di coscienza in seno.

Per pietà o fiorentino parla meno
lo vedo bene l’hai perso il cervello
il contadino lavora il terreno
lo costodisce la pecora e l’agnello
lo raccoglie il frumento biada e fieno
lo costodisce il bue e il vitello
l’opra del contadino l’è un talento
servono a prepararti il nutrimento.

Io già coi contadini ‘n mi cimento
‘che il contadino quando parla pecca
se tasti con la mano sotto il mento
fra quella po’ di barba c’ha ‘na zecca.
Dai più fastidio dell’inverno il vento
guardalo con la lingua il piatto lecca
a quella mensa ove mangiate voi
ci mangia pecore vacche maiali e buoi.

Te i contadini biasimare vuoi
ma dalla spina nasce il bel rosaio
se le leggi il libro degli antichi eroi
troverai Giotto ch’era un pecoraio.
Li pascolava li animali suoi
senza l’innanzi né di Tizio e Caio
prese una lastra bianca e in quella
fece la figura di un’agnella.

Senti sto grullo cosa mi favella
la ragion di Giotto ‘un ti conviene
quello che ha fatto lui non si scancella
quello che ha fatto lui tutto sta bene
natura gli dono la virtù bella
non era un mammalucco come tene
cosa ti paragoni o montanaro
non sei capace de da da be’ a un somaro.

Certo non son capace e non imparo
perché il ciuco non è mia compagnia
l’ho trovato oggidì per caso raro
perché son giunto in questa trattoria.
O oste vieni qua prendi il danaro
rendo il mio posto libero e vo via
e molte miglia devo far di strada
al ciuco gli pago una mezzetta di biada.

Villan fottuto e contadin balordo
s’avrò il permesso dall’altri fiorentini
mi metterò alla porta con la spada
e proibirò l’ingresso ai contadini
e valsivoglia vada come vada
sian di monti e campi e di appennini
sian di colli e di colline e valli
a te ti consegno i tuoi campi prati e stalle.

E quei salami e quei prosciutti e quelle spalle
tra noi villani mangeremo insieme
tacchi’ e piccioni e galletti e pollastre
e tu in Firenze mangerai le lastre.