i poeti e le loro poesie
L’inverno, la sua immagine e altre poesie azzurre
Elicura Chihualaf
traduzione di Gabriele Milli
La chiave che Nessuno ha perduto
La poesia non serve a niente, mi dicono
E nel bosco gli alberi si accarezzano
con le loro radici azzurre e agitano l’aria
i loro rami, salutando con passeri la Croce del Sud
La poesia è il profondo sussurro degli assassinati
il rumore di foglie nell’autunno, la tristezza
per il ragazzo che conserva la lingua
però ha perduto l’anima
La poesia, la poesia, è un gesto, il paesaggio
i tuoi occhi e i miei occhi, ragazza, udito e cuore
e la stessa musica. E non dico altro, perché
nessuno incontrerà la chiave che nessuno ha perduto
E poesia è il canto dei miei antenati
il giorno d’inverno che arde e appaga
questa melanconia così personale.
Foro intimo
In questo inverno non si addormentò
il colibrì
che sveste le sue penne e sorridente
mi fa segni dalla sua finestra
Frattanto, lontana, tu, cardellina mia
canti tranquilla nel nostro nido
I tuoi occhi tristi, nascosti
in segreto mi mirano:
da me.
Sorride il mio cuore
In questa solitudine così piena di sogni
sorride il mio cuore ed è inverno
tu sei la foglia che si afferra all’albero
la pioviggine amorosa che bagna
io colui che apre la porta del tuo sole segreto
e mai si sazierà delle tue sementa
Tu mio fuoco, mio abitante, mio luogo comune
Sorride – dico – il mio cuore anche se è inverno
perché in questa solitudine così piena di spirito
il vento, il vento, è come se sognasse.
Fanciulla azzurra
Sei lontano, e sei la visione dell’ombra
che vedo come i rami di un albero
in una notte d’inverno
I treiles (1) mi dicono che torni
Aspetto mentre respiro l’odore della
cannella appena spenta
Se vieni, mi dico,
ti offrirò, al salire del sole, i miei canti
e le mie brocche
ti darò un vestito bello
raccoglierò fiori per te, di quelli che
crescono accanto all’acqua
Però sei la visione dell’ombra, e sono solo:
i treiles se ne vanno inseguiti dalla grandine
invano i rami dell’albero tentano
di spaventare l’inverno
e nella mia gola rimasero le parole
che mai ti dissi.
Nell’attimo in cui si fermano le tue mani sul telaio
Già disposto a cavalcare il mio cavallo
poderoso, ti saluto
Come stai albeggiando, sposa mia?
Nell’attimo in cui si fermano le tue mani sul telaio
ti vedo sorridere
Come si rallegra il mio cuore!
Mi allontano cantando
Ehi!, non sono più un cavaliere – senza rotta.
Lettera d’infanzia
Odo un’altra volta il tuo dolce canto, nonna,
e il cielo azzurro dell’estate
è il tuo immenso affetto
e la sua brezza il mio piccolo corpo
seduto sulle tue ginocchia
Il viandante è il polverone
che si solleva lontano
in questa ora in cui nella mia anima
il tuo ricordo è l’inverno
Il pomeriggio ha quiete di mezzogiorno
e nella sua aria si dondola la sua musica musica
forse l’unico vero che ci unisce
Dopo lontano, sempre lontano
la notte inizia a ripassare i tratti
del paesaggio
e stridio di oche e bandurie
Mia madre prepara la tavola
mio padre ritorna dal mingako(2) ; ed io ù
non faccio altro che udire e udire il tuo dolce canto
e canto, nonna, mentre si illumina la cordigliera
nel mio cuore
(Nella valle, dopo, sognerò i tuoi sogni
che così perfettamente azzurri vedo scendere
per i verdi cannelli.)
Volo d’inverno
Dalla cima può tacere
un abisso di ali di piccoli uccelli
ed essere il signore
degli occhi che raggiungono
l’invisibile canto che decifra
i segnali del vento.
A volte non c’è nulla, gli dico, nulla
Tutto trascorre con stupore nel paesaggio
e nella città un tempo diverso
marca il cerchio dell’attesa
Mortevita – invernoeimmagine amandosi vanno
confusi nel loro luogo comune
che è il tempo infinito
E’ sera, domenica sera?
Il mio intimo dice, salve!
e mi fa’innalzare fuori la trasparente
coppa
Salve, salve – ripete. Coloro che mi attorniano
(le mie genti)
“semplice” o “aspro” il tuo vino, mi rispondono
(Di che, di quante acque l’acqua che bevo?)
Sogno
E’ notte e ho udito voci
che vengono dalla terra
Che devo morire, mi dicono
Ma, se il mio spirito segue il cammino
di perfezione, la morte, che importa?
Pulsa, lo vedo, il mio cuore più in là della terra
(Nell’amicizia sarà tremore che mette a prova
i fili che la uniscono).
Altro è l’inverno che per i miei occhi piange
E’ azzurro il cielo ancora azzurro e il lui sto
sul suo volto di luna. E’ il puelche(3) che sogna
e mi immerge nella solennità tremenda del pomeriggio
Sussurro, oh! e, dal verde, Nghechen(4) mi dice
NEL SEMICIRCOLO ASCOLTA IL PARLARE DEI MIEI FIGLI MAGGIORI
Ai margini del focolare (nella sua memoria)
i nonni muovono le tristi labbra dell’inverno
e ci ricordano ai nostri morti e scomparsi
e ci insegnano a capire il linguaggio degli uccelli
Ci dicono: “Tutti siamo figli della stessa Terra
della stessa Acqua; corpo e anima l’alveo
che ogni volta ritorna più profondo
e per il quale altri passeranno quando noi
sul mare
saremo saliti sulla zattera della morte”
Piove, fuori sicuramente piove
però altro è l’inverno che per i miei occhi piange
Verso i giorni che verranno allora volgo lo sguardo
Vedo le mie figlie le mie figlie che vengono ad abbracciarmi
Ed è l’autunno o è il primo giorno di ottobre
mia madre che mi dice: Sveglia, figlio sveglia,
sei il vecchio il ragazzo che scrive il suo primo poema
sotto il primo ciliegio piantato da tuo padre.
Dove andranno i miei nuovi canti?
Andai lontano: perso, piangendo
Comunque un’anima illuminata da te
Rupi e burroni mi perseguitarono
ma sono ritornato e mi rallegrano i tuoi fiori
Madre, dove andranno i miei nuovi canti?
In questo suolo abitano le stelle
In questo suolo abitano le stelle
In questo cielo canta
l’acqua
dell’immaginazione
Più in là delle nubi che sorgono
da queste acque e questi suoli
ci sognano gli antenati
Il loro spirito – dicono – è la luna piena
Il silenzio il loro cuore che parla.
I poteri dell’acqua mi portano
Sono vecchio e da un albero in fiore
scruto l’orizzonte
Per quante arie andai?, non so
Dall’altro lato del mare
il sole che si corica mi invia le sue
messaggere
e andrò a incontrarmi con i miei nonni
Azzurro è il luogo dove andiamo
I poteri dell’acqua mi portano passo dopo passo
Wenu Laufu(5) è appena un piccolo circolo
nell’universo
In questo sogno rimango:
Remino rematori! In silenzio me ne vado
nel canto invisibile della vita.
Che niente turbi i miei sogni
Fra gli arrayanes(6) del cielo
l’acqua fresca e l’aroma sorride
nelle brocche dell’alba
Andiamo, che niente turbi i miei sogni:
Il lolkiñ(7) il flauto perduto
versa le melodie dell’infinito.
La rugiada del mattino eleva il mio sognare
Sogno di stare nella luce di mio padre
(il Rio Pieno), e le mie brocche
riposano sulla sua tavola d’argento
sogno che mi abbraccia la cannella
che cammina nel vento
(soffiato dalla sua aria sostengo il suo fischiettare)
Nella cascata sogno che machis(8) anziane
mi insegnano i loro canti
la sapienza di ascoltare la terra
Gli Antenati mi chiamano
E ho sognato questi sogni, tu lo sai, nonna
che abiti nel cielo immenso e roccioso
Che è questo coltello e queste bandiere
che si muovono
e questa allegria nei miei occhi?
Innalzo il mio Rewe(9) : ballano, ballano
i rimedi del Nahuelbuta(10) .
Segnali nella terra alta
Si alzò il vento del mare
Pioverà pioverà gridano le mie ossa
e i seminati che sembrano infermi
caricano di sogni le barche
che come nubi navigano
nell’acqua del cielo
Si alzò il vento del mare
e le barche si sono rovesciate
sopra il Llaima(11)
Pioverà, sì, dice l’aroma
chiudendo le sue porte nel bosco
E vedo la luce del cielo
che apre i suoi pendii azzurri
e le spighe sollevano le loro teste
fischiano!, le odo, gioiose.
Inclinato nella stella del mattino
La terra, l’angustiato corpo, dice:
Non vedo la scala rituale
né wüñelf(12) la stella dell’alba
e neppure la bianca cordigliera mi vede
(io perduto fra gli edifici)
E l’acqua, l’anima, riflette:
Inclinato nella stella del mattino
contemplerò gli agnelli
che saltano il cerchio della luna
e alle colline del cielo salgono
a giocare.
Le piogge tendono di nuovo le corde
Le piogge tendono le corde della loro brezza
e, in alto,
è il corpo che lancia il suono
della fertilità
Molti animali ebbe – dice -, monti
laghi uccelli buone parole
Avanzo con gli occhi chiusi:
Vedo, in me, l’anziano che
mentre aspetta il ritorno dei papaveri
abita i giorni della sua infanzia
Non mi domandare l’età, mi dice,
e sarò contento
perché pronunciare quello che non esiste?
nella energia della memoria la terra vive
e in lei il sangue degli antenati
comprenderai? comprenderai perché – dice –
desidero ancora sognarmi in questa valle?
Perché sono la forza dell’innominato
Ho sognato nella luna crescente
e ho lavorato i campi
Prima delle parole
e dei fiori
(e più lontano)
Per le mie figlie costruisco
la casa d’argento
mentre con i capelli al vento
cavalco sopra l’arcobaleno
Sono l’acqua che corre
Addormentato in me va il mare
e sveglia la montagna
Perché sono la forza dell’innominato
corona del sole: te canto.
Ai margini di un sogno azzurro
Verso le isole dell’oblio, dicono
cantando vanno i ruscelli
“Nuove acque saremo
nel focolare
lontano”
Si corica il sole nella sua gola
e non vedo la mia anima
però, ora, la chiamo e le dico
che non desidero ancora andare al mare
Mi sorride la luna ed è sano
il mio costato
e fra le pietre bianche
lento naviga il mio sangue
verso il Fiume delle Lacrime
I miei fratelli mi guardano
però nell’Oriente non si è spento
il fuoco
e la primavera ritorna
e mi saluta piangendo
mentre allontana la zattera
dagli orli del mio sogno azzurro.
(1) Uccelli dell’Araucania. ∧
(2) Lavoro comunitario nelle comunità Mapuche. ∧
(3) Vento che soffia da oriente. ∧
(4) Signore del Mondo. ∧
(5) Fiume del Cielo. ∧
(6) Arbusto della famiglia delle mirtacee. ∧
(7) Flauto indigeno che non si suona più. ∧
(8) Custodi delle pratiche religiose e mediche. ∧
(9) Segno dell’identità e dell’autorità delle macis. ∧
(10) Cordigliera dell’Araucania. ∧
(11) Nome del vulcano più alto dell’Araucania. ∧
(12) Stella dell’alba in mapudungun. ∧